Father & Sons 294 – Maurice Ravel

“Ho scritto solo un capolavoro: Boléro . Sfortunatamente non c’è musica in esso.”
Basterebbe questa affermazione per capire l’essenza di Maurice Ravel, compositore, pianista e direttore d’orchestra francese. È spesso associato all’impressionismo insieme a Claude Debussy , sebbene entrambi i compositori rifiutassero il termine. Negli anni ’20 e ’30 Ravel era considerato a livello internazionale il più grande compositore vivente francese.
Lavoratore lento e scrupoloso, Ravel compose meno pezzi di molti dei suoi contemporanei. Tra le sue opere entrate nel repertorio figurano brani per pianoforte, musica da camera, musica per balletto ma non scrisse sinfonie o musica sacra. Molte delle sue opere esistono in due versioni: prima una partitura per pianoforte e poi un’orchestrazione. Parte della sua musica per pianoforte è eccezionalmente difficile da suonare, e le sue complesse opere orchestrali richiedono un abile equilibrio nell’esecuzione.
Ravel fu tra i primi compositori a riconoscere il potenziale della registrazione per portare la propria musica a un pubblico più ampio e prese parte alle registrazioni di molte delle sue opere.
Tracklisting : Pavane pour une infante défunte – Violin sonata in G major / Blues (Moderato) – Miroirs / Alborado del Gracioso – Ma mère l’oye/ Le jardin féerique – Jeux d’eau / Tzigane / Rapsodie espagnole / Feria / Le Tombeau de Couperin – Rigaudon – Menuet / Piano Concerto in G major – Adagio assai / String Quartet in F major – Assez vif, très rythmé / Boléro

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    Se la musica valesse tanto al kilo, o al barile, con un prezzo fissato in base alla qualità’, tutti nel mondo se la passerebbero molto meglio. Ma i se non sono commestibili, così la musica al massimo continua a sfamare lo spirito e l’immaginazione. Per esempio, L’ Africa è ricca anche di caffè, arachidi, diamanti e bauxite e quant’altro, ma ciò non sembra giovarli più dei suoi immensi giacimenti di ritmo. Quindi se pure la musica fosse cacao, non basterebbe. Ci vorrebbe anche un minimo di correttezza nei rapporti che si snodano tra la terra, il contadino e la barretta di cioccolato. Il prezzo per ora lo decide chi compra. Il Camerun svende il suo caucciù ad una multinazionale, poi riacquista un pneumatico che a Yaoundè vale quattro stipendi medi. Le materie prime valgono sempre meno, le merci di importazione finite sempre di più. Non ce’ sviluppo possibile, così, ma solo un’Africa spolpata due volte. Dall’interno, a forza di dittature feroci e corrotte, da combriccole di ladroni messi li a sorvegliare gli interessi occidentali e a godersi le briciole. Dall’esterno con l’invadenza dei paesi ricchi, quindi industrializzazione coatta, accordi commerciali drogati, pirateria genetica legalizzata che sfrutta gratuitamente ambienti e patrimoni naturali sguazzando nella totale mancanza di leggi in materia. E poi rifiuti tossici vaganti, pochi e scellerati investimenti, traffico di armi e di manodopera a buonissimo mercato, traffico di organi di bambini e di calciatori. L’ Africa ed altri paesi del mondo non hanno assi nella manica, o meglio non hanno nemmeno più neanche le maniche. La musica, almeno quella che col tempo ha potuto coltivare velleità commerciali, evidentemente fa parte di tutto questo. L’ assenza di strutture e malversazioni economiche diffuse la rendono debole, vulnerabile, come una qualsiasi altra risorsa, negata, rubata da chi non la capisce, ma vissuta fino in fondo dalla gente. (Tratto dal libro “Mother Africa e i suoi figli ribelli” di Marco Boccitto @1995
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